29 gennaio, 2016

Racconto...l'incubo

Prosa: l'incubo

Anna aprì faticosamente gli occhi.
Un lampo improvviso l'accecò.
Riabbassò le palpebre.
“Che strano risveglio!?!”. Pensò perplessa
Si sentiva indolenzita e disturbata da un forte e inusuale mal di testa.
“Che mi succede?” si chiese
Le parole le rimbalzarono addosso come l'eco da una grotta profonda: “che..eee...mi.iiii..su..cce.deeeee!”
“boing,boing, boing” Il rimbalzo le martellò la testa di fitte doloranti.
“ Oddio, come sto male!!” pensò sentendo l'ansia arrivare con le sue oscure gramaglie.
“Perchè sto così male? non bevo, non fumo, mangio dietetico, vado a letto presto!”
Altre volte aveva riso di quella sua vita monastica, ma non ora.
Cercava nella confusa mente un “qualcosa” che giustificasse lo strano malessere. Niente.
Un improvviso flash squarciò la mente “l'odore”.
Un odore acre penetrava nelle narici
“Oddio! non sono a casa mia!” urlò con i crampi allo stomaco
“Che mi succede?...che mi succede? “ si tormentò alimentando, con le sue paure, nuove e più doloranti fitte.
“Dove sono???” urlò. Nessuna risposta. Nella mente il vuoto.
La paura dell'ignoto la portò a torcersi le mani.
Non si mossero. Le sue mani erano gelidamente aggrappate ad un freddo metallo. Erano le sponde del suo stretto giaciglio, constatò.
Questa scoperta animò il terrore e mille dubbi giostrarono nella mente già provata
“Oddiooooooooooooo! Non sono a casa mia, non sono nel mio letto...dove sonooo?” esplose con quanto fiato aveva in gola
Non ottenendo risposta: “ calmati” disse a se stessa
“ Si,si, se starò calma farò mente e sicuramente troverò le risposte ai miei perchè!”
Un altro flash cancellò tutto:“ un incubo!...ecco sto dentro un incubo...tra un po' il letto oscillerà ed io cadrò urlando nel vuoto!...si,si...è così e non sarebbe la prima volta!”
“devo svegliarmi!” decise. Provò a sollevare prima una gamba, era rigida, pesante come granito e così l'altra
“bastaaaaaa, qualcuno mi svegliiiiii!”
L'urlo le si strozzò in gola
Il giaciglio cominciò ad ondeggiare come barca colta di sorpresa dal maestrale. Le orecchie pulsarono sotto un vortice di venti impazziti.
Anna, per non cadere, si attaccò, come ventosa, alle sponde
“Oddio, che mi succede, dove sono? Come son finita dentro questa bufera? Urlò
“ c'è qualcuno con me? Mi avete sequestrata? Drogata?” strillò, tra singhiozzi di disperazione, tutto quel che la sua immaginazione, addestrata dai film d'azione, le suggeriva
“ Per pietà, sono un'impiegata, non possiedo nulla, avete sbagliato persona...!”
Fuori di testa per le incognite, vomitava tutte le ipotesi possibili per pianificare dentro una qualsiasi logica la drammatica situazione che stava vivendo.
Non ricevette risposta
Era sicura di non esser sola, di trovarsi sopra un mezzo di trasporto. Dal dal beccheggio del mezzo, poteva supporre d'essere su una barca.
Cominciò a piangere e nel pianto vomitava istericamente sia suppliche pietose che maledizioni
ai presunti sequestratori
Le immagini dei suoi cari sfumavano nella mente stanca, dolorante. Avrebbe voluto gridare il loro nome, perchè qualcuno accorresse ma...non li ricordava
Udì il suono di una sirena. Il cuore prese la rincorsa della speranza
“qualcuno avrà denunciato la mia scomparsa, i servizi d'ordine mi staranno cercando, mi salveranno!” Pensò la donna. Il battito cardiaco martellava le tempie, l'ansia contraeva lo stomaco
“che giorno sarà? Perchè non sono al lavoro? Signore aiutami!!”
Urlava la donna nella speranza che qualcuno la udisse e non solo pensava, con i suoi strilli, di spaccare i timpani ai sequestratori così l'avrebbero scaricata per liberarsi delle sue urla
Qualcosa o qualcuno si mosse accanto a lei. “Aiuto!!!! sono qui, salvatemi!!!” urlò con quanto fiato aveva in gola. Un eco disarmonico di parole, come fuoriuscite da un megafono, martellò impietoso i timpani doloranti della donna “stia zitta! Stia zittaaaaaaa...non se ne può più!!”
“vorrei vedere te al posto mio! Maledettooo!!! Chi sei? Cosa vuoi da me? Perchè mi tieni prigioniera!...liberami, non sono ricca, ti pregooo” invocò la donna passando dal tono prepotente a quello pietoso.
Per tutta risposta il megafono gracchiò “ La smetta di rompere i timpani!” intanto due forti mani assicurarono le caviglie e i polsi della donna alle sponde del giaciglio.
“nooooooooooooo!” urlò con quanto fiato aveva in gola: “ liberatemi, soffro di claustrofobia...vi prego starò buona, non urlerò più!”
“cosa volete da me? Perchè sono prigioniera?...piagnucolò, colta da conati di vomito
Si addormentò per la stanchezza.
Quando Anna si svegliò il mal di testa, seppur attenuato, le ricordò l'incubo. Era sempre ancorata allo stretto giaciglio ma non udiva né motori né rollìi. L'ambiente era ovattato, silenzioso, troppo silenzioso. L'odore era lo stesso, solo più acre tanto che il naso infastidito, le prudette.
Sollevò la mano per alleggerire il fastidio...era libera. Distratta dal prurito non udì i passi felpati che le si avvicinarono. Qualcuno le toglieva di dosso i jeans tirandoli a strattoni dalla caviglie.
Avrebbe voluto ribellarsi, difendersi, urlare, scalciare ma...era troppo stanca, confusa, impedita, come se uno schiacciasassi le fosse passato addosso
Per la paura svenne.
Quando ritornò in se si rese conto di avere addosso un camicione che le copriva solo il davanti mentre, la parte posteriore poggiava scoperta sopra un fresco lenzuolo.
Fattasi coraggio, Anna aprì gli occhi.
In una nuvola di nebbia due fantasmi bianchi roteavano nella stanza confondendosi l'uno nell'altro. Un raggio di luce evidenziava alcuni quadri di un nero lucido dove teschi umani ridevano guardandola con enormi cavità orbitali.
“ o sono morta e attendo che mi chiamino dall'ufficio “ tuus locum ab aeternum” o sono al manicomio.. impazzita!” Pensò rassegnata la donna
Chiuse gli occhi per ascoltare l'altra metà di se stessa, quella più spiritosa , che stuzzicandola le rammentava che i manicomi erano chiusi, mentre, l'ufficio “destinazioni definitive” ” di San Pietro era aperto. In un' altra occasione avrebbe riso, adesso non le sembrò il caso. Si addormentò.
Al risveglio la nebbia era svanita, tutto aveva smesso di roteare, anche i fantasma si erano fermati, le stavano di fronte voltandole le spalle..e non erano fantasmi ma due uomini in camice bianco. sollevavano verso una fonte di luce delle lastre craniche
La donna concentrò l'attenzione sulle parole dei due.
“bla, bla, bla trauma cranico bla, bla, ischemia, bla,bla macchia bianca più evanescente delle lastre precedenti...bene, bene
“ professore pensa che possiamo mandare la signora in corsia?”
“uhummm, rivediamo il tutto! a che ore è arrivata l'ambulanza con la signora?”

“ alla undici e trenta... ah professore la signora, durante il tragitto ha avuto un violento attacco di panico!” Lente lacrime scesero sulle gote di Anna: Sono viva.


27 gennaio, 2016

poesia...nel giorno della Shoah

Per una mamma dell'olocausto

Il mio bambino...

Rondine
che te ne vai
per terre lontane
a cercar calore
fermati!
non sono un nuvolone
Ero una donna
e son polverone
passata,
con altre cento
forse mille,
per il camino
privo di scintille
Fermati!
Aiuta una mamma
a trovar
il suo bambino!
Stava al mio seno
sotto la doccia
e piangeva
nel succhiar
l'ultima goccia
Adesso è solo,
ti prego
segui il vento
e riportalo
alla sua mamma
che lo aspetta
per la ninna-nanna





Poesia...ero uno fra tanti

POESIA per la SHOAH
Ero uno fra tanti

Ero uno fra tanti
nato come gli altri
uomo tra gli uomini.
Ero tutto per i miei amori,
uno qualunque
tra la gente.
Sono stato bambino
e ancora lo ero,
guardavo al futuro
sognando col pensiero
una vita vera
pronto ad affrontar
ogni stagione
con il conforto
che
sarebbe comunque arrivata
un'altra Primavera.
Erano uomini come me,
anzi,
bestie
in divisa imponente,
mi presero
cancellarono il mio tutto
e con un numero fecero di me
il niente.
Appeso al traliccio
sta ora
al buio
il mio ultimo vestito
tra le sue strisce
la mia polvere
sul numero il mio IO



10 gennaio, 2016

Poesia...l'ultima speme affido al lume lunare

ispirata da un quadro del pittore di Sassari...ETTORE SPADA

Sulle ferite
della madre Terra
tristi foglie autunnali
sospinte
da putrido
alito
come inutili,
morte croste
sotto
gelido stillar
di lacrime di neve.
Raminghe
confuse stagioni
vagano
tra i miasmi
catarrali
vomitati sulla Terra,
cercando
l'armonico spazio
in spezzate righe
del pentagramma
ove
sonavan all'unisono
le dolci note del tempo.
Bimba mia dov'è il tuo domani?
tra quelle misere mani
lordate da vile denaro,
forgiato sulla pelle
di fratelli,
incatenati in spenti palazzi?
In plagiate menti?
Nel girotondo dei potenti?
lupi affamati di possesso,
di dominio
in virtù di vanagloria?
Del niente?
Come le foglie morte,
di polvere umana
saran le prossime croste
che
chiuderanno gli occhi
alla Terra?
e la luna?
Bimba mia!
La luna veglierà
sull'ultima speme
chè non giunga,
per sempre,
la sera!!!

Mariantonietta Sechi