09 aprile, 2011

i racconti di una volta.....suor Ermenegilda....4a parte



                                                              
Suor  Ermenegilda
Non era più una giovane suora.
Ora era la Madre Superiora  perché aveva sostituita madre Anna , che nonostante l’età avanzata, viveva nel “ suo “ convento; amata, curata e rispettata dalle consorelle. .
Come sempre suor Ermenegilda si era svegliata all’alba, il sole sorgeva e lei si concentrava nelle preghiere mattutine per potersi dedicare, successivamente, alle sue lunghe e piene giornate.
Non aveva mai perso il buonumore, la voglia di scherzare e portare gioia, serenità e allegria in chi le stava  attorno.
Era riuscita a far sorridere persino Madre Anna., la quale da tempo aveva smesso di dirle:
“ Ermenegilda, quando metterai la testa a posto?”                                  
La vita nel convento era cambiata.
 Non era più una severa prigione, ma un luogo di pace e amore dove le giovinette andavano volentieri sia attratte dalla vocazione che dal desiderio di apprendere un lavoro dignitoso: istitutrice, sarta, ricamatrice, cuoca…………era diventata una scuola attiva.
Si era aperto, inoltre, un reparto per accogliere  i bimbi le cui madri andavano a lavorare lasciandoli a casa con i fratelli maggiori.
Era diventato ,insomma, un luogo dove ognuno trovava un angolo per sé aiutando anche gli altri.
Una forma di amore scambievole che aveva creato suor Ermenegilda maturando negli anni la sua vocazione all’amore misericordioso,  ispiratole dall’Altissimo
Quella mattina, mentre si recava, a controllare le verdure nell’orto, dietro la cappella, sentì arrivare una carrozza.
Ritornò indietro e chiese al custode di vedere chi stesse arrivando e di accoglierlo con la gentilezza dovuta a chi ha qualche difficoltà o molto semplicemente cerca un luogo di preghiera in pace e nella serenità nella natura.
Il guardiano si avvicinò al cancello, proprio, mentre,Alfredo tirando le briglie, ordinava a Bertolo di fermarsi.
Il guardiano:” buongiorno, messere qual buon vento vi porta a questo convento?”
Alfredo: “Buongiorno a voi, nella carrozza vi è una dama che desidererebbe parlare con una certa suor Ermenegilda!!!”
Il guardiano: “prego, siete arrivati nel luogo giusto, accomodatevi, madre Ermenegilda è la superiora del convento”.
Il cocchiere aprì lo sportello e diede la mano a donna Alessandra, aiutandola a scendere i gradini.
La donna  nei pressi del cancello vide suor Ermenegilda,  la curiosità non aveva saputo trattenerla nell’orto……………………si guardarono……gli occhi lucidi…….mille bellissimi ricordi nella mente.
Fecero scaturire copiose lacrime mentre si abbracciavano.
La madre superiora chiese al custode di organizzarsi con Alfred per sistemare il cavallo e per portare dentro i bagagli della dama.
Rivolta alla studentessa del tempo
“Sei in viaggio?”
 E senza aspettare la risposta
“Ti tratterrai qualche giorno con noi così ti farò vedere come è cambiato il convento e i metodi di formazione delle giovani.
Dama Alessandra, coinvolta, dalla velocità verbale della suora, rispondeva con segni di assenso della testa.
Ermenegilda accompagnò la dama nel suo studio privato  attraverso una bellissima scala a chiocciola.
“Allora che cosa ha portato da queste parti la mia migliore studentessa ?”
Aprendole il cuore, la donna rispose:
- “ madre, ho fatto per tanto tempo l’istitutrice per bambini nobili, ricchi, spesso viziati.
Ho scoperto che loro  nascono come  usignoli: cantano, fischiettano e si librano presto nell’aria, sanno dove volare perché un nido dorato li aspetta sempre.
Li istruivo, insegnavo loro le buone maniere, ma non secondo i miei concetti e conoscenze dei valori che ogni singola persona ha, del diritto di sviluppare costruendosi una personalità completa nella consapevolezza del proprio “io”e  non secondo un immagine  voluta e imposta dal loro Casato.
Io per anni sono stata rispettata,ma chiusa dentro una campana: ero l’istitutrice, senza  pensieri miei e personalità.
Svolgevo il mio lavoro ricevendo ordini e considerazione come un qualsiasi servo.
Adifferenza della servitù  non mi scudisciavano e prendevo i pasti nella mia camera e non gli avanzi in cucina, come loro.
Dopo un po’ di tempo, durante le mie ore libere, invece di stare nella mia camera a dedicarmi alla lettura imparai ad uscire  fuori dal castello eaccompagnandomi  con una carrozzainiziai a visitare i paesini vicini.
Quanti bambini Madre: poveri, scalzi, mal vestiti che correvano felici giocando per le strade, spesso le ginocchia sbucciate………….mangiavano un pezzo di pane mentre giocavano e i loro genitori con la schiena piegata dal peso del lavoro, rientravano al calar del sole, dai campi, e si sedevano ad una parca mensa, in una povera casa e poi a dormire tutti in un grande letto.
La loro misera casa era simile ad un  nido di topi roditori, tutti accoccolati vicino la mamma.
Se qualcuno aveva la ricchezza di possedere un asino o un cavallo lo curava come oro e poi lo legava fuori della casa, dove di giorno si rincorrevano le galline che trovavano riparo, alla sera, nel pollaio e dietro la casa sua eminenza il maiale…………..si crogiolava nel fango e grugniva contento inconsapevole d’esser il cibo della festa della famiglia.
Pian piano nacque nel mio cuore il desiderio di donare la mia esperienza e il mio amore di educatrice a chi ne aveva veramente bisogno.
Non riuscirò a farli diventare tutti usignoli perché le basi sono quelle della povertà e dell’ignoranza  ma sarò felice se riuscirò almeno a fargli spuntare le ali e farli volare come pipistrelli.
Madre Ermenegilda farò la volontaria e vivrò di quello che mangeranno i poveri!”.
La superiora rimase senza parole. Un leggero sorriso segnava le sue labbra e una bellissima luce risplendeva nei suoi occhi.
 - “Alessandra, avete in testa le idee che mi hanno portata a ristrutturare questo convento- collegio.
Venite con me vi farò vedere come si vive nella mia comunità!”
E presala per mano la condusse a visitare i locali.
Delle educatrici e suore giocavano con un gruppo di bimbi nel giardino.
 Sedute fuori, delle donne ricamavano, altre tagliavano la tela per cucire vestiti per la comunità, nelle cucine si preparava il pranzo, qualcuno coltivava l’orto, vi era la scuola per imparare a leggere e a scrivere e a far di conto.
Una scuola di vita.
La porta del convento era aperta alla gente di buona volontà, e madre Ermenegilda curava il funzionamento.
Donna Alessandra era felicissima della sua scelta ma si chiedeva come aveva fatto “quella peste di suor Ermenegilda” a subire una trasformazione così profonda.
Mentre prendevano la tisana  ricordarono allegramente certe monellerie combinate ai tempi.......










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